AXOS

FLEWID DIGITAL

Photography Luigi Cianfarano
Styling Antonio Votta
Make Up & Hair : Elisa Delfini
Stylist Assistant: Nadia Mistri
Press Office: Coco District
Interview Chiara Buoni

È un’altra mattina senza sole su Milano, ma di un grigiastro nuovo. Il cielo in questa parte del mondo è del suo colore preferito e al contempo tende al giallognolo. Sembra schiudersi, nonostante resti un’ombra sulla luce, e inspiegabilmente appare meno soffocante del solito. Si aprirebbe ulteriormente se scoppiasse a piovere? Axos e io ci siamo dati appuntamento per le dieci e trenta su Zoom. L’intervista comincia subito, so cosa voglio chiedergli e questa volontà è talmente sincera che alla fine diventa una chiacchierata. Lui quasi all’inizio, fra qualche riga capirete perché, dice che certe volte si ha il bisogno di dialogare con degli sconosciuti. Il nostro dialogo nasce per scoprire il suo nuovo album Manie uscito il 25 marzo. L’ascolto delle tracce assieme alle sue risposte, ci inducono a cogliere il ritmo eterogeneo di Manie, una percezione complessiva delle sonorità come fossimo a contatto con un elemento ossigenante e fluido. Questo suono ha due facce, una è fatta di aria e l’altra di acqua. Ora respiriamo l’aria che tira intorno all’album, poi, ascoltandolo, questo ci pioverà addosso. Quanto Axos mi sta comunicando quaggiù aderisce inspiegabilmente al cielo lassù.

Le parole che utilizzi per comunicare sembrano puntualmente essere state scelte con cura estrema. Perché il titolo del nuovo album è Manie?
Il mio percorso musicale è un grande ambiente abitato da anime e anche questa volta le incontreremo. Sì, la mia attenzione è sempre rivolta alla spiritualità delle anime, ma in questo caso cerco di riflettere sulla loro psicologia. Parto dalla mia esperienza introspettiva, dalla ricerca sincera su me stesso, che mi ha condotto a un contrasto con le mie manie. Questo poi me ne ha fatte sviluppare altre. Non mi tediano, amo studiarle e capire in quale modo influenzano la vita. Manie è un disco di sfogo totale. Parlando di me, credo di aver già rovinato serate a degli sconosciuti. Però questo fa parte del percorso di inveramento. Con il disco mi piacerebbe creare un effetto domino e vedere gli ascoltatori aprirsi spontaneamente.

Allo stesso modo, mi sono interrogata sul tuo nome d’arte. Ho fatto alcune ricerche sul vocabolario, interrogato amici diplomati al liceo classico, però forse è meglio chiedere a te cosa significa.
L’anno in cui ero in giro per la Germania, ho incontrato Sandy, una ragazza greca veramente forte. Abbiamo instaurato un bellissimo rapporto di amicizia. Lei studiava lì e conosceva benissimo sia l’inglese sia il tedesco, mentre io vivevo per strada e stavo imparando la lingua. Ero libero, senza un posto dove stare, e la incontravo in giro quando potevamo. All’inizio, non sapendo bene in quale lingua parlare, comunicavo principalmente tramite la musica. Le facevo ascoltare tante canzoni. Un giorno mi disse: «Tu sei Axos». Mi spiegò poi il significato del termine. Stava a indicare qualcosa di inutilizzabile e allo stesso tempo libero: è il suono in tutte le forme, e il suo spettro di significati è talmente ampio che indica qualsiasi tipo di vibrazione musicale. Ecco perché risulta impossibile farne un uso pratico.

Da qualche parte su Instagram hai postato una foto di un veliero costruito con degli stuzzicadenti. Quando l’ho visto, mi sono domandata se per caso non ci fosse in te anche un’artista visuale che aveva lavorato alla copertina di Manie. Qui viene ritratta una parte del tuo volto, dove in primo piano appare la lingua tatuata con il titolo dell’album.
Ho impiegato otto ore per realizzarlo! A ogni modo, sì, mi interesso parecchio alla questione delle copertina. In generale, mi piace la scultura e adesso sto per cominciare un corso.

A questo punto chiedo ad Axos che forma avrebbero le sue manie se fossero una scultura e mi mostra, tramite la videocamera di Zoom, parte della nuova opera di stuzzicadenti. Stavolta non sembrano rappresentare qualcosa di specifico, e infatti non sa cosa diventerà. Dice si svilupperà di pari passo alla sua mente, ed è per questa ragione che di recente si è parzialmente rotta.
Tornando alla copertina dell’album, sì, l’ho elaborata io. Ricordo che quando è uscito Emily, in molti hanno utilizzato il disegno dell’occhio legato al brano sul proprio viso. Con la copertina di Manie vorrei rivederli mentre, in un certo senso, fanno la linguaccia, renderli partecipi di tutto ciò che riguarda l’album.

Ci dici come è cambiato il tuo modo di fare musica dai tempi della Machete Crew a oggi?
Ho imparato un sacco da quando collaboro con le band. Per me adesso lavorare con musicisti e strumenti musicali è una questione di principio. Credo che tutto questo mi abbia portato a scrivere e rappare meglio. Per esempio faccio delle lezioni di canto, e questo sento che mi sta facendo crescere. Suono un po’ anch’io, finora il pianoforte. Il mio passato con la Machete è semplicemente diverso da quanto sto vivendo nel presente, non c’è consequenzialità. Il suono di Manie intende risultare completo, passando dal rock anni Settanta alle cose più moderne, dalla musica italiana a quella internazionale. Questo potrebbe rendere il suono più vicino a un maggior numero di ascoltatori.

Cos’è THE EXPERIENCE* – il tuo primo live trip?
Sarà un live dalle connotazioni del trip. Vivremo idealmente quattro momenti: incredulità, paura, rivalsa e amore. Queste fasi scandiranno lo spettacolo con interventi e performances che metteranno il pubblico in una posizione inedita. I partecipanti saranno più coinvolti, alcuni di loro in maniera clamorosa.

Prima di cominciare l’intervista, ho riascoltato Liberami dal male, Dry e Paura di me. Cosa provi nel momento in cui accosti nella mente questi tre pezzi?
Incredibilmente hai preso tre pezzi capitati in dei momenti di rivalsa artistica. Liberami dal male mi ha portato verso Machete, Dry mi ricorda il successo di Corpus, il primo album realizzato dopo aver deciso di tornare a lavorare fuori dalla Crew, e per quanto riguarda Paura di me… be’ spero di vivere con Manie un nuovo momento di rivalsa.

Concentrandoci di più sui nuovi pezzi, mi colpisce molto il sound radioso unito al testo di Geloso. Si tratta di autoironia esorcizzante?
Esatto, in Geloso si tratta di autoironia esorcizzante, ma anche di mettere in evidenza un grosso problema psicologico, che secondo me spesso viene tralasciato: la possessività, un concetto nel quale siamo annegati. Liberandocene si possono trovare libertà e leggerezza.

La questione della gelosia sembra venire oltrepassata del tutto in Molecole, in cui sacrifichi qualcosa di te stesso in nome di una relazione. La magia che sprigiona il contatto con la persona coinvolta implica l’assenza di possesso dell’altro e l’amplificazione estrema dei sentimenti, fino a sentire di essere più di due anime. L’energia vitale uccide l’egocentrismo. È un’interpretazione corretta?
La gelosia viene chiaramente oltrepassata in Molecole, perché è un pezzo che fondamentalmente parla di poliamore. Infatti dico in questo letto siamo in troppi, dicono, nel senso che poi questa cosa socialmente non viene completamente accettata. Questo sentimento gigantesco che cerco di descrivere, può anche rivelarsi in una persona, non per forza in tante. Essere poliamoroso non significa ricercare costantemente tante persone da amare, ma lasciarsi liberi nell’amare più persone, che è diverso. Il discorso di Krishna e Radha verte sul fatto che Radha è il grande amore di Krishna, ma quest’ultimo condivide l’amore anche con altre. Il bello credo sia proprio trovare il grande amore, che non per forza deve essere ultracondiviso, avendo la libertà di potersi innamorare tante altre volte nella propria vita, senza che la prima persona amata ti abbandoni per questo. Sarebbe bello se supportasse la tua capacità di innamorarti e amare. L’energia vitale uccide l’egocentrismo, sì, è un’interpretazione corretta, perché di fatto essere uniti a tutti quanti, quindi avere questa grande capacità di aprire le proprie energie al mondo, automaticamente abbatte l’egocentrismo.

Chi sono i Padri del sound?
Beh, in realtà siamo tutti padri del nostro sound, questo è sicuro. Pensando all’album, chiaramente ti riferisci alla citazione che ho dedicato a Inoki e Ensi, i quali per me sono due padri di questo sound e del rap.

Esiste una musica fluida contro una musica che non riesce a esserlo? Tale capacità è legata a dei generi musicali in particolare?
Il rap è la musica fluida per eccellenza. Nella sua fluidità ha contaminato qualsiasi altro genere musicale, e a dirla tutta, il rap stesso nasce da campionamenti di altri generi. Non a caso, poi, la parola flow rimanda immediatamente alla dimensione rap. Mi viene in mente Bruce Lee, quando dice di fare come l’acqua. Bisogna essere acqua.

Adesso probabilmente entrambi stiamo immaginando le nuove tracce sotto forma di acqua, mentre vengono versate nel disco. Un po’ come innaffiare la terra: presto fiorirà una musica multicolore.

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